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Il blocco non è sempre colpa tua: come funziona davvero la procrastinazione.

Certe mattine la lista delle cose da fare è lì, davanti a te, nera su bianco, ordinata, chiara e piena di buoni propositi; magari l’hai scritta con una penna nuova o su un post-it fluo, come se bastasse un colore a convincere il cervello che “questa volta sì” , questa volta lo faccio. Ma poi succede: il nulla, quel vuoto appiccicoso che ti trattiene anche solo dal cominciare. E mentre ti accorgi che è mezzogiorno e tu sei ancora lì, con l’idea che “fra un attimo mi metto”, il corpo si fa pesante, la mente sfuma e un vago senso di colpa ti si accoccola tra le scapole.

Procrastinazione: la conosci per nome, ma forse non ne conosci la natura.

Non è sempre svogliatezza, né pigrizia, né mancanza di volontà, a volte è pura sopravvivenza.

La parte più ancestrale di noi, quella che veglia sulla tua sicurezza e che odia tutto ciò che cambia, ogni volta che annusi il profumo di un progetto nuovo, anche solo un foglio Excel o una chiamata importante, manda un segnale chiaro: fuggi, rimanda, proteggiti. Perché questa non distingue tra una scadenza fiscale e un leone nella savana; ogni stress è una minaccia, e così ti guida verso una difesa sottile: la sospensione dell’azione.

La nostra dimensione emotiva, che custodisce affetti e ricordi, si allea in silenzio con quella più istintiva e protettiva, formando un fronte compatto che resiste a ciò che potrebbe turbare l’equilibrio conosciuto.”“Sei stanca, ora sei fragile, non forzarti, non adesso.” E forse, in effetti, hai bisogno di una pausa, o forse no, ma l’argine si rompe e un altro giorno scivola via, nella speranza che domani sia diverso, più facile e più leggero.

Eppure, se ti osservi senza giudizio, se ti guardi con occhi nuovi, puoi accorgerti che la procrastinazione non è il tuo nemico. È una strategia di protezione. Imperfetta, certo, ma umanissima. Questa ti rallenta quando percepisce un pericolo, ti distrae quando il carico emotivo è troppo e ti fa attendere quando in fondo non sai da dove cominciare. E allora forse, prima di colpevolizzarti, puoi solo notare il gesto, sorridergli e lasciarlo essere, per un attimo, perché fustigarsi non serve. Serve, semmai, cambiare postura.

Invece di chiederti “Perché non riesco a farlo?”, prova a chiederti: “Cosa sto cercando di proteggere?”

Oppure, se hai voglia di un gioco divertente, guarda se tra questi alibi, da procastinatrice livello pro, ne riconosci uno tuo:

  • “Non è il momento giusto.”
  • “Mi manca ancora un’informazione importante.”
  • “Devo prima sistemare la scrivania/la casa/la vita.”
  • “In fondo ho sempre fatto tutto all’ultimo.”
  • “Se non ho voglia, non verrà bene.”
  • “Aspetto l’ispirazione.”
  • “Prima faccio quella cosetta veloce…” che poi dura due ore.

E adesso, per ogni domanda, rispondi d’istinto e senza pensarci troppo:

  1. A cosa stai rinunciando oggi per rimandare quell’attività?
  2. Se domani tutto andasse come speri, cosa avresti fatto oggi per aiutarti?
  3. Che emozione associ all’idea di cominciare?
  4. E all’idea di fallire?
  5. E se invece fosse solo una prova, non un esame?

Può darsi che, finito di leggere, ti venga voglia di scrivere una cosa, o di cancellare un promemoria. O magari no, magari ti verrà solo da sospirare e pensare: “ci penserò”. 

E va bene così.

È già un punto da cui partire, o da cui restare un altro po’, ma con tenerezza.